Editoriale

COP28, l’unico cambiamento previsto è climatico. Si intensifica il mistero sulla location del prossimo appuntamento europeo

La conferenza sul clima di Dubai, COP28 (30 novembre-12 dicembre 2023), dovrebbe essere l’ennesima occasione per un cambio di direzione nella gestione del reperimento delle risorse energetiche e uno stop alle emissioni inquinanti. Ciò nonostante le esperienze precedenti ed una serie di fattori attuali non lasciano tranquilli gli osservatori. Innanzi tutto il fatto che si svolga negli Emirati Arabi Uniti, il regno petrolifero per eccellenza i cui governanti sono destinati a presiedere i colloqui. Il presidente Mohammed bin Zayed Al Nahyan e il Primo ministro Mohammed bin Rashid Al Maktum dovranno affrontare le pressioni delle organizzazioni internazionali dell’ONU e quelle indipendenti e dimostrare che i loro interessi sui combustibili fossili non saranno un ostacolo per i negoziati.

C’è poi, a margine della conferenza, un problema relativo alla prossima COP29 che dovrebbe svolgersi il prossimo anno in un Paese europeo. Su questo punto però c’è l’assoluta contrarietà della Russia, ciò significa che questa disputa rischia di vanificare gli sforzi globali per garantire un futuro vivibile rischiando di lasciare la conferenza senza leader. Tra le questioni chiave da risolvere alla prossima COP29 c’è quello di stabilire un nuovo obiettivo finanziario per sostenere l’azione per il clima nei paesi in via di sviluppo dal 2025 in poi e attualmente non è ancora stata assegnata la sede.  Questo perché le tensioni regionali hanno creato una situazione di stallo. La conferenza dovrebbe svolgersi nell’Europa dell’Est, ma la Russia impedisce a qualsiasi paese dell’Unione Europea di ospitarla, e nessuno è riuscito a trovare un accordo sul metodo di assegnazione.

Se nessuno raccoglierà il testimone, l’attuale Paese ospitante potrebbe rimanere in carica fino all’inizio della COP30 nel 2025, lasciando probabilmente agli Emirati Arabi Uniti la responsabilità dei colloqui su decisioni importanti e convincere i governi a impegnarsi sugli obiettivi climatici post 2030.

La Bulgaria si era offerta di ospitare il vertice ma ufficialmente la Russia non crede che un qualsiasi Paese dell’UE sarà imparziale nella gestione della COP29. Ufficiosamente però molti ritengono che la posizione della Russia sia determinata dalla guerra in Ucraina. La disputa rischia di bloccare sia la COP28 che la COP29 in una serie di veti incrociati considerando che servono di solito mesi di intensa attività diplomatica per preparare queste conferenze.

Una delle soluzioni potrebbe essere quella di tenere la COP29 a Bonn sede dell’organismo delle Nazioni Unite per il clima. Le linee guida della conferenza indicano che il vertice si svolgerà nell’ex capitale della Germania occidentale se non si troverà un accordo. Un’altra soluzione è quella proposta dalla Bulgaria. Suddividere il mega-evento in diverse nazioni dell’Europa orientale. Una COP distribuita tra la pre-COP, la presidenza e la COP vera e propria tenuta da tre Paesi diversi e alcuni eventi organizzati in altri Paesi.

Nel frattempo ci si deve concentrare sulla COP28 che, in base alle previsioni, deve o per lo meno dovrebbe colmare il divario nelle emissioni concordando l’eliminazione graduale dei combustibili fossili, inclusa la fine immediata delle nuove centrali elettriche a carbone, e accelerando la transizione energetica con nuovi e più cospicui finanziamenti. Per fare questo l’obiettivo è quello di triplicare la capacità rinnovabile globale e raddoppiare il tasso di miglioramento dell’efficienza energetica entro il 2030. Vi è poi l’interesse dei Paesi in via di sviluppo che cercheranno di rendere il fondo per le perdite e i danni una realtà chiedendo nuovi fondi su larga scala per colmarlo. La promessa di 100 miliardi di dollari di finanziamenti per il clima decisa a Parigi nel 2015 rimane non mantenuta, ma sarebbero necessari finanziamenti di portata molto maggiore per sostenere adeguatamente l’azione e lo sviluppo per il clima.

Insomma come al solito tra le parole, le promesse, gli accordi di facciata e la realtà c’è tutta la differenza del mondo. Nel frattempo ci troviamo a dover affrontare le conseguenze dell’immobilità della politica internazionale. Gli effetti dei cambiamenti climatici in tutto il mondo (e qui cambia poco che siano causati dall’uomo o no) sono evidenti e drammatici e a pagarne maggiormente il prezzo sono i Paesi più poveri. Ancora una volta la disparità tra mondo ricco e realtà povere lascia il segno.

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