Editoriale

Da sofista professionista vi dico: diamo un nome alle cose. La vera rivoluzione? L’abolizione della guerra

Chissà che non si debba andare indietro fino al 4° secolo a.C. e rileggere la lezione di Protagora, retore e filosofo greco antico, considerato il padre della sofistica cui si deve la celebre massima “l’uomo è misura di tutte le cose”, per cercare di dare un senso a ciò che sta succedendo nel mondo in questo ultimo periodo. Ci affanniamo tanto in analisi politiche, economiche, strategiche che possano spiegare le varie crisi e le conseguenti guerre che vediamo accadere. Se invece applicassimo l’analisi che ci viene dalle teorie dei sofisti e cercassimo di riportare il tutto sul piano della comunicazione subordinando la lettura della cosiddetta realtà oggettiva all’assioma di Protagora? La realtà in questo caso apparirebbe diversa a seconda dei singoli individui che la percepiscono, la interpretano e poi la raccontano. In effetti è quello che già sta succedendo.

La narrazione dei singoli player reinterpreta i fatti, rilegge la storia, ricostruisce una narrazione architettata intorno alla propria sensibilità e al proprio quadro di riferimento valoriale asservendo questa lettura ai propri interessi materiali. Stiamo tutti dando una versione diversa della guerra in Ucraina, della crisi in Palestina e delle tante aree di crisi nel mondo in funzione delle nostre soggettive sensibilità. Non raccontiamo i fatti in sé in modo diverso, è ovvio, ma ognuno di noi sottolinea dei particolari e ne omette altri, ne deriva che ogni racconto è vero, senza però contenere tutta la verità di quello che è accaduto.

Tornando a Protagora, egli è interessato al contrasto tra tesi e antitesi e sosteneva la necessità di imparare a difendere sia una tesi che il suo esatto contrario. Soltanto così si può aspirare a comprendere la totalità dell’evento. È un’idea che nel corso dei secoli è stata travisata confondendo il metodo con il contenuto. Qui non si afferma che tutte le letture di un fatto e le teorie intorno ad esso sono valide allo stesso modo. Protagora ci sprona a vedere ogni aspetto della vita da tutti i punti di vista per arrivare ad una conoscenza completa dei fatti e ad una migliore capacità di giudizio. Il principio è che non esista un singolo depositario della verità, che in ogni punto di vista ci sia una parte di ragione, che sia necessario imparare a cogliere la parte di verità che c’è in qualsiasi discorso.

Se ciò è vero, la verità non può essere frutto dell’intuito e non è immutabile nel tempo, essa è il risultato del confronto, della discussione. In ogni punto di vista ci sono elementi condivisibili ed elementi da rifiutare. Se pensiamo che una tesi – la nostra – contenga tutto il bene e le altre tutto il male, ci precludiamo la possibilità di progredire. Il grande merito di questo ragionamento sta nel riconoscimento del potere del linguaggio, della sua capacità di produrre conoscenza, senza linguaggio non esiste conoscenza. Le idee esistono solo se abbiamo le parole per nominarle e descriverle.

Fermarsi e accettare il confronto è esercizio rivoluzionario, è il vero atto eroico. Ricercare nella narrazione dell’altro, ancorché proprio nemico, quello che ci manca per la comprensione del tutto è l’unica alternativa alla guerra. La pace è un elemento culturale, non è solo assenza di combattimento bensì un cambio di paradigma, un atto rivoluzionario come nessun altro. L’abolizione della guerra, come ci ha insegnato Gino Strada, è la vera rivoluzione necessaria, l’unica che varrebbe la pena fare tutti insieme.

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