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VECCHIO CONTINENTE Quale esercito senza politica estera comune. Ue con problemi di svezzamento dagli Usa va all’attacco con troppi mediani e senza difesa

Negli ultimi giorni hanno tenuto banco, tra una polemica e l’altra sul dopo Festival di Sanremo, le affermazioni dell’ex presidente USA nonché futuro candidato alla prossima presidenza Donald Trump sulla inadempienza di alcuni Paesi della NATO rispetto all’impegno di destinare almeno il 2 per cento alle spese militari. L’affermazione che, in caso di attacco da parte della Russia i Paesi non adempienti non sarebbero stati difesi auspicando, anzi, che vengano attaccati da Putin, ha suscitato sorpresa e sgomento.

Non è la prima e non sarà sicuramente l’ultima occasione nella quale sentiremo Trump arringare i suoi elettori sull’argomento. Già durante la sua presidenza, complessivamente, il rapporto tra gli Stati Uniti e la NATO è stato caratterizzato da una combinazione di pressioni per un maggior impegno finanziario da parte degli alleati europei, critiche dirette all’Alleanza e incertezza sulla solidarietà e l’unità dell’organizzazione. Trump ha sostenuto, ripetutamente, che molti membri non rispettavano gli obblighi finanziari stabiliti dagli accordi della NATO, sottolineando che gli Stati Uniti spendevano troppo per garantire la sicurezza degli alleati europei. Tutto ciò ha portato a un clima di incertezza all’interno dell’Alleanza e ha sollevato preoccupazioni sulla coesione e sulla capacità dell’organizzazione di affrontare le minacce contemporanee.

Trump ha definito la NATO obsoleta e ha messo in discussione l’importanza dell’Alleanza atlantica nell’attuale panorama geopolitico. Tali osservazioni hanno innescato preoccupazioni tra i partner della NATO e hanno sollevato domande sulla coerenza e l’unità dell’organizzazione. Basti pensare a ciò che ebbe modo di affermare il presidente francese Emmanuel Macron nel novembre 2019 «La Nato è in stato di morte cerebrale». C’è da dire che le intemerate di Trump sono state più teoriche che pratiche. Nonostante le critiche, infatti, l’amministrazione americana ha continuato a sostenere l’impegno degli Stati Uniti per la difesa collettiva dei membri della NATO. Tuttavia, l’approccio ambivalente e le dichiarazioni contraddittorie hanno alimentato l’incertezza e hanno influenzato il modo in cui i partner della NATO percepivano l’impegno degli Stati Uniti nei confronti dell’Alleanza.

A questo punto, però, c’è da chiedersi se la presidenza Trump non sia stata un’occasione persa per l’Europa per fare un passo in avanti nell’integrazione anche sul tema della difesa e, al contempo, per rendere la politica estera comunitaria meno subordinata agli interessi atlantici. In un mondo che si sta sempre più orientando verso una maggiore frammentarietà con un maggior numero di soggetti a contendersi il dominio di aree geografiche e commerciali un’Europa troppo allineata agli interessi americani rimarrebbe invischiata nella contrapposizione tra gli USA e il resto del mondo. Sarebbe auspicabile che la UE operasse sugli scenari internazionali per proprio conto perseguendo obiettivi autonomi da quelli americani. Per fare ciò servono due istituzioni forti: una difesa comune e, prima ancora, una politica estera comune. Per paradosso sembrerebbe più facile la prima che la seconda.

Già da diversi anni esiste un coordinamento tra le forze armate dei Paesi UE, ulteriori passi avanti in questa direzione non sarebbero impossibili. Molto più difficile che i 27 Paesi membri si allineino su una stessa visione degli obiettivi tattici e strategici di politica estera fino ad una completa cessione di sovranità sull’argomento ad un costituendo organismo comunitario.

I temi di contrasto tra i vari Paesi non mancano basti pensare alla posizione dell’Ungheria sulla guerra in Ucraina e alla paradossale situazione libica. In quest’ultimo caso si può addirittura parlare di contrapposizione militare tra più Paesi UE se si pensa che nella guerra civile libica Italia Spagna e altri Paesi hanno appoggiato il governo di Tripoli riconosciuto dalle Nazioni Unite mentre la Frangia appoggia ancora oggi Khalifa Haftar tenente generale dalle autorità del Consiglio nazionale di transizione libico che si contrappone al premier di Tripoli Abdelhamid Dbeibah. In queste condizioni pensare ad una politica estera comunitaria è fuori discussione, ma l’alternativa è continuare ad andare per ordine sparso e, al contempo, rimanere al servizio degli interessi USA.

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