La giungla di Calais è scomparsa, non l’emigrazione. La repressione francese e inglese è servita solo a rendere la vita più miserabile per i disperati che attraversano la Manica su piccole imbarcazioni

C’era ancora almeno un’ora di attesa prima che loro e le decine di altri migranti nella hall illuminata al neon della stazione ferroviaria potessero prendere il primo autobus o treno per tornare ai loro campi sparsi intorno alle città di Calais e Dunkerque.

“Sono stanca, sono così stanca e ho così freddo”, ha detto la donna irachena di 41 anni, guardando con gli occhi i suoi figli Ayad, 12 anni, e Amir, 15 anni, seduti su una panchina, con i cappucci in testa e gli occhi chiusi.

Fuori dalla stazione ferroviaria, tre gendarmi in divisa militare e giubbotti antiproiettile osservavano dal parcheggio, uno dei quali teneva in mano un candelotto lacrimogeno.

Da quando nel 2016 le autorità hanno sgomberato il vasto campo profughi noto come la giungla di Calais, le autorità francesi e britanniche si sono concentrate nel dissuadere i migranti dal tentare di allestire accampamenti nella regione o di attraversare la Manica, la rotta marittima più trafficata del mondo, spesso a bordo di canotti gonfiabili sovraffollati.

Le Nazioni Unite hanno documentato 207 casi di migranti morti o scomparsi nel tentativo di attraversare la Manica dal 2016, l’ultimo dei quali il 24 giugno. | Dan Kitwood/Getty Images

Ci sono pochi segnali che i loro sforzi stiano avendo un grande effetto. Nella prima metà di quest’anno, quasi 13.000 persone sono riuscite a compiere il viaggio, un record per un periodo simile da quando i dati hanno iniziato a essere raccolti nel 2018.

L’unico risultato ottenuto da questo enorme sforzo repressivo è stato quello di rendere la vita più miserabile per coloro che pianificano di rischiare la traversata, secondo le organizzazioni non-profit che le aiutano. Le frequenti incursioni in accampamenti di fortuna e occupazioni abusive spingono i migranti in condizioni precarie e malsane. Nuove leggi severe sull’immigrazione e una polizia più aggressiva hanno costretto coloro che cercano di attraversare a correre rischi maggiori.

Dal 2016 , le Nazioni Unite hanno documentato 207 casi di migranti morti o scomparsi nel tentativo di attraversare la Manica, l’ultimo dei quali risale al 24 giugno.

Sebbene la repressione abbia fatto poco per ridurre i tentativi di attraversamento, ha costretto molti di coloro che ci provano a fare più tentativi prima di riuscirci.

Muhamed Ali e la sua famiglia hanno vissuto nella città tedesca di Colonia per due anni dopo essere fuggiti dalla città di Sulaymaniyah in Iraq a causa della mancanza di lavoro e dell’assenza di un’adeguata assistenza sanitaria per il marito.

Solo dopo che le autorità tedesche hanno dichiarato di voler deportare la famiglia, hanno deciso di rischiare la traversata verso il Regno Unito, dove Muhamed Ali spera che i suoi figli siano al sicuro e ricevano una buona istruzione.

“Non abbiamo scelta”, disse, guardando la figlia. “Voglio riprovare”.

La fine della giungla di Calais

In un appezzamento di terreno abbandonato e stentato tra l’ospedale principale di Calais e un importante svincolo autostradale, Muhamed Omar stava riattaccando la sua tenda blu al terreno. L’area attorno a lui era punteggiata da altre tende, spazzatura sparsa e sacchetti di plastica.

Circa una dozzina di furgoni della polizia e camion antisommossa se ne erano appena andati dopo aver eseguito una delle loro consuete operazioni di sfratto. Ma il ventiduenne sudanese era sollevato. “A volte buttano via le tende e prendono le cose, ma non questa volta”, ha detto.

Circa ogni due giorni, la polizia piomba nei lotti pubblici di Calais per ordinare a chiunque vi campeggi di raccogliere i propri averi e andarsene. Chi se ne va per comprare cibo o farsi una doccia presso strutture fornite da una delle organizzazioni non profit rischia che le proprie cose vengano confiscate o buttate via.

Quando si tratta di proprietà privata, la polizia ha un’autorità più limitata. I proprietari di edifici industriali o case vuote devono intraprendere lunghe e costose procedure giudiziarie per sfrattare gli abusivi. Negli ultimi sei mesi, circa cinquecento persone, per lo più uomini e adolescenti sudanesi, sono rimaste indisturbate dalla polizia in uno squallido magazzino vicino a un supermercato Lidl alla periferia della città.

Circa ogni due giorni, la polizia piomba nei parcheggi pubblici di Calais per ordinare a chiunque vi campeggi di raccogliere i propri averi e andarsene. | Christopher Furlong/Getty Images

“L’obiettivo non è quello di fottere i migranti”, ha detto Philippe Mignonet, vicesindaco di Calais responsabile della sicurezza. “È quello di impedire che i campi crescano perché non appena un campo diventa troppo grande, abbiamo risse, traffico, contrabbando e tutto ciò che ne consegue”.

Calais, una città con circa 75mila abitanti, si trova a circa trenta chilometri di distanza dalle bianche scogliere di Dover. Ha visto la sua prima ondata di migranti negli anni ’90, quando le persone in fuga dal crollo della Jugoslavia hanno puntato gli occhi sul Regno Unito

Poi nel 2015, quando i migranti cacciati via dai combattimenti in Afghanistan e Siria arrivarono in Europa, un accampamento in una ex discarica vicino a una fabbrica chimica ai margini della città si trasformò in una gigantesca baraccopoli. Soprannominata “La giungla”, la sua popolazione raggiunse circa novemila persone.

Clothilde Goujard (Politico)

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