Editoriale

Ricorrenze. Quel mondo di JFK e Nikita Chruščëv sparito in un colpo

Il 22 novembre 1963, esattamente 60 anni fa, veniva ucciso a Dallas John Fitzgerald Kennedy in quello che sarà uno degli episodi più iconici del ‘900. Tra le persone elette presidenti negli Stati uniti, quattro di loro (William Henry Harrison, Zachary Taylor, Warren G. Harding, e Franklin Delano Roosevelt) sono morti durante la presidenza per cause naturali, altri quattro (Abraham Lincoln, James A. Garfield, William McKinley e, appunto, John Fitzgerald Kennedy) furono assassinati. Ma per la prima volta nella storia le immagini dell’agguato hanno raggiunto miliardi di persone attraverso la neonata televisione. 

JFK faceva parte di una delle famiglie più in vista e facoltose dell’epoca, era figlio di Joseph Patrick “Joe” Kennedy, politico, diplomatico e imprenditore di origini irlandesi che fu ambasciatore a Londra e dalla quale fu richiamato per le sue mal velate simpatie naziste. La presidenza di John F. Kennedy iniziò nel gennaio 1961 lasciando dietro di sé luci ed ombre e una figura simbolo di quell’epoca, capace di infiammare le folle durante i comizi ma anche di riempire le pagine di cronaca rosa delle riviste di gossip. 

JFK era noto per il suo carisma e la sua abilità nell’ispirare la nazione. Il suo celebre discorso di inaugurazione, con la dichiarazione “Non chiedete cosa il vostro paese può fare per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese”, è rimasto un punto culminante nella retorica presidenziale. Così come la celeberrima frase «Ich bin ein Berliner» pronunciata durante il discorso a Berlino il 26 giugno 1963. A suo merito la gli storici quasi all’unanimità gli riconoscono un ruolo determinante per la soluzione della crisi dei missili cubani nel 1962, un momento di tensione tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica che portò il mondo sull’orlo della guerra nucleare. La sua gestione riuscita della crisi contribuì a consolidare la reputazione come leader forte e risoluto. Altro elemento caratterizzante della presidenza Kennedy fu la spinta che diede al programma spaziale americano. In quegli anni gli Stati Uniti lanciarono il programma Apollo con l’obiettivo di mettere un uomo sulla Luna entro la fine del decennio. Questo obiettivo ambizioso fu raggiunto nel 1969 con l’atterraggio dell’Apollo 11.

A fare da contraltare a questi aspetti positivi a suo debito ci sono alcuni eventi tragici come il tentativo di invasione di Cuba nel 1961. Kennedy autorizza un’operazione di invasione della Baia dei Porci da parte di esuli cubani anticastristi. L’operazione fu un fallimento totale che danneggiò gravemente la sua reputazione. Un altro elemento assolutamente negativo della sua presidenza fu la gestione della crisi in Vietnam. Kennedy aumentò la presenza militare degli Stati Uniti nel Sud del Paese per contrastare l’espansione comunista, un impegno che avrebbe portato a una maggiore escalation sotto le amministrazioni successive. La guerra del Vietnam divenne uno degli aspetti più controversi e critici della politica estera americana da quel momento in avanti.

Per ultimo la vita privata di Kennedy. Fu segnata da voci di infedeltà coniugale e comportamenti discutibili. Sebbene questi aspetti non abbiano avuto un impatto diretto sulla sua capacità di governare, hanno contribuito da una parte a creare il mito dell’uomo di fascino e di successo e dall’altra a minarne la credibilità specialmente nella puritana società americana dell’epoca. La presidenza di Kennedy è spesso considerata con una certa nostalgia per il suo carisma e le sue aspirazioni ideali, ma è anche oggetto di critica per alcuni fallimenti e decisioni controversi, sia a livello nazionale che internazionale.

Una delle ombre sulla ascesa e anche sulla morte di Kennedy furono le mai provate voci sulle connessioni tra Jfk e la mafia che sono state oggetto di numerose teorie e speculazioni nel corso degli anni. Una delle teorie più conosciute riguarda il coinvolgimento del padre di Kennedy, Joseph P. Kennedy, con la mafia durante gli anni ’20 e ’30. Alcuni sostengono che Joseph Kennedy avesse rapporti con il criminale Joseph P. Kennedy Sr., e che questa connessione avesse poi avuto un impatto sulla carriera politica di John F. Kennedy. C’è anche una teoria secondo cui l’amministrazione Kennedy avrebbe cercato l’aiuto della mafia per influenzare le elezioni presidenziali del 1960 in Illinois e in West Virginia. Tuttavia, queste teorie non hanno avuto un riscontro probatorio non si sa se per l’inesistenza dei fatti o per la superficialità con la quale si è voluto indagare. Basti vedere come fu ridicolizzata Judith Campbell Exne, una delle tante amanti del presidente, amica del boss della mafia Sam Giancana fino a renderla inattendibile come testimone. Exner ha più volte affermato di essere stata incaricata da Kennedy di consegnare messaggi tra lui e Giancana.

John F. Kennedy è stato un presidente più conservatore di quanto si pensi e questo a causa di alcune posizioni e azioni della sua amministrazione che si possono considerare più in linea con le posizioni conservatrici dell’epoca che con il Partito democratico.  In economia Kennedy sostenne tagli fiscali per stimolare l’economia. La sua proposta di riduzione delle aliquote fiscali era in parte basata sulla teoria economica conservatrice che riducendo le tasse si sarebbe incentivata la crescita economica. Questa proposta fu successivamente attuata anche sotto l’amministrazione di Lyndon B. Johnson suo successore. Kennedy aumentò, inoltre, i fondi per la difesa nazionale, sostenendo un rafforzamento delle forze armate degli Stati Uniti. Anche questa decisione può essere considerata più in linea con la tradizione conservatrice che con quella liberale. Anche il suo forte anticomunismo che lo portò a sostenere azioni anche clandestine in varie parti del mondo contrasta con l’immagine che di lui si è voluto dare.  A suo credito ci sono comunque alcune decisioni che hanno segnato una svolta nella politica nazionale come l’Equal Pay Act del 1963, che cercava di eliminare le discriminazioni salariali basate sul genere. O le iniziative legislative per migliorare l’istruzione, l’assistenza sanitaria per gli anziani e il programma di aiuti alimentari per i bisognosi. 

Kennedy ebbe come interlocutore dall’altra parte della cortina di ferro Nikita Chruščëv. Quegli anni, caratterizzati dalla combinazione di un tentativo di uscire dalla ferrea dottrina stalinista da una parte e l’elezione di un presidente che tra i suoi meriti aveva sicuramente quello di essere un politico coraggioso e spregiudicato (che in politica è più un pregio che un difetto) avrebbero potuto portare a risultati più positivi e dare una svolta alle relazioni internazionali. Ma la veloce caduta di Chruščëv da una parte e l’assassinio di Kennedy seguito dall’escalation della guerra in Vietnam dall’altra riportarono la politica mondiale alla contrapposizione dei due blocchi uscita dalla seconda guerra mondiale. La storia non si fa con i se e con i ma per cui non sapremo mai come sarebbe andata con una verosimile doppia presidenza Kennedy e con il proseguimento del tentativo riformatore di Chruščëv.

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