Rassegna stampa

Rivolta post-elettorale in Mozambico, centoquaranta morti e seimila evasi in due giorni

Tutto il Mozambico è ancora scosso per le tensioni e la dura repressione delle forze di sicurezza, dopo le manifestazioni degli ultimi giorni in tutto il paese, con migliaia di persone scese in strada per contestare i risultati definitivi delle presidenziali del 9 ottobre.

Nonostante due mesi di protesta popolare, il Consiglio Costituzionale ha confermato, lunedì 23 dicembre, la vittoria di Daniel Chapo, il candidato del Fronte di liberazione del Mozambico (Frelimo), partito al potere dal 1975. Secondo i giudici di Maputo, Chapo avrebbe ottenuto il 65,17% dei voti. Il suo principale avversario, Venancio Mondlane, candidato indipendente sostenuto dal partito Podemos ed ex noto volto televisivo, avrebbe ottenuto il 24,19% dei voti.

Rivendicando la vittoria sul Frelimo, Mondlane ha esortato la popolazione a «scendere in strada a protestare» con manifestazioni che, in 65 giorni di rivolta, hanno già causato «oltre 250 vittime, con 140 morti nelle ultime 48 ore», secondo quanto riporta la piattaforma #Decide. Una repressione durissima che ha costretto Mondlane a fuggire dal Paese e ha causato l’incarcerazione di oltre 500 manifestanti e attivisti.

Tra il 25 ed il 26 dicembre le barricate sono state erette in diversi quartieri della capitale Maputo e gli atti di vandalismo sono continuati con auto, depositi e negozi dati alle fiamme. A Natale centinaia di manifestanti hanno protestato vicino a un carcere di massima sicurezza, situato a 15 chilometri dalla città, creando confusione tra le forze di sicurezza e scatenando disordini anche all’interno della prigione. I detenuti nel tardo pomeriggio hanno abbattuto un muro di recinzione per tentare un’evasione di massa.

«Oltre 1500 prigionieri sono riusciti a fuggire dal carcere», secondo quanto ha dichiarato il capo della polizia nazionale, Bernardino Rafael, aggiungendo che «33 detenuti sono stati uccisi negli scontri e circa 150 sono stati successivamente ripresi dalla polizia locale, con il sostegno dell’esercito». Secondo quanto riportato da Al Jazeera i detenuti evasi sarebbero «oltre 6mila» e tra i prigionieri ci sarebbero almeno «una trentina di detenuti legati al gruppo jihadista degli Ansar Al-Shabaab», affiliati allo Stato Islamico dell’Africa centrale (Iscap), che da sette anni seminano il terrore nella provincia settentrionale di Cabo Delgado.

Un clima di confusione generale regna in tutto il paese, con scene di attacchi contro diverse stazioni di polizia a Zambezia, Nampula e Cabo Delgado, regione priva di servizi essenziali e abbandonata alle violenze dei gruppi jihadisti, ma ricca di idrocarburi e interessi economici che coinvolgono il governo centrale e numerose multinazionali straniere (TotalEnergies, Exxonmobil e l’italiana Eni).

Stefano Mauro (Manifesto)

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