Editoriale

Siamo in guerra. Ma è un passatempo

Il ministro talebano per l’istruzione superiore dichiara che “se lasciamo che le donne vadano al lavoro, al parco, non indossino l’hijab, vadano in palestra, allora cosa risponderemo a Dio? È obbligatorio per gli uomini proteggere l’onore delle donne”. Vogliamo parlarne o rischiamo di perdere tempo con un’altra branca dell’intrattenimento culturale. Qualcuno  potrebbe evidenziare la differenza con i valori delle democrazie occidentali, mentre magari qualcun’altro potrebbe sostenere che “quelli che vogliono che le donne escano per lavoro in realtà vogliono un modo semplice per avvicinarsi alle donne. L’Islam protegge le donne da tali lupi. Se le donne occidentali vogliono essere una caccia facile, nessuno la fermerà, lei può essere ciò che vuole, ma un musulmano farà tutto ciò che può proteggere la sua donna”. Tanto materiale per animare talk show e instagram con derivati social. Intrattenimento culturale, insomma. Così come pare sia ormai diventata anche l’azione di pochi giovani che lanciano vernice lavabile sulle sacre pareti del Senato. Il loro gesto è servito solo per far dire ad alcuni che fan bene e ad altri di scandalizzarsi.  E mandare la #GeoBarents ad Ancona tenendola lontana dal centro del Mediterraneo per almeno due settimane: giorni in cui non potrà prestare soccorso e decine di persone moriranno senza essere viste? Stessa cosa, intrattenimento culturale ove alcuni definiscono buonisti altri e questi  carogne i primi.
La Meloni? Uguale: femmina in gamba che non si fa ricattare per alcuni, scaltra perfida fascistona per altri. Se non è zuppa è pan bagnato direbbe la mia vecchia insegnante arpia del liceo.  Tutto, ma proprio tutto dalle tastiere dei pc, sul divano di casa o al bar diventa opinabile, divisibile, utile solo a mostrarsi competente, spiritoso tifoso o semplicemente cretino. Tutto va bene per fare due chiacchiere. Zelensky, Putin, l’Iraq o l’Iran, la Turchia, Letta o Conte valgono lo stesso spazio di discussione, in  genere di molto inferiore ai fasti di questo o quel funerale. Eppure quante vite, sofferenze, lacrime si giocano sotto queste branche dell’intrattenimento. Non importa. L’enfasi che si dedica alla polemica sul reddito di cittadinanza non tiene, ad esempio, in nessun conto il dramma di chi, segnato dalla vita, fuori dal processo sociale. economico e occupazionale, perdendo quel contributo non sa più dove sbattere la faccia. Per non parlare della fatuità con cui si partecipa al dibattito sulla guerra perdendo di vista il contenuto ovvero la lacerazione delle basi per essere esseri umani nonché la vita, la vita, ripeto ancora la vita di migliaia e migliaia di persone. Ogni santo giorno. Ma adesso basta. Sto scrivendo da più di dodici minuti e semmai riuscissi a digitare altro sulla tastiera, la maggior parte di chi mi legge mollerebbe per passare ad un’altra branca d’intrattenimento. C’est ça, la vie.

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