Dopo una campagna elettorale tra le più stravaganti e, in qualche modo, drammatiche, siamo arrivati al giorno del voto negli USA. L’esito è tutt’altro che scontato, i due candidati sono pressoché appaiati nei sondaggi. Adesso dobbiamo solo attendere l’esito delle urne. Esito che, però, si farà attendere sia per i previsti ricorsi specialmente da parte di Donald Trump nel caso non fosse lui il vincitore sia per il complesso sistema elettorale americano che per l’elezione del presidente degli Stati Uniti si basa su un sistema indiretto chiamato ‘Collegio Elettorale’.
Gli elettori, in base a questo sistema, non votano direttamente per il presidente e il vicepresidente; la loro preferenza va, invece, ad un gruppo di grandi elettori che compongono il Collegio Elettorale. Questi grandi elettori, a loro volta, eleggeranno formalmente il presidente e il vicepresidente. In molti stati, i grandi elettori sono legalmente obbligati a votare per il candidato che ha vinto il voto popolare del loro stato. Esistono leggi che possono imporre sanzioni o addirittura la sostituzione di elettori infedeli, ovvero quelli che non votano come previsto. In altri gli elettori sono tecnicamente liberi di votare come vogliono. Tuttavia, comportamenti contrari al voto previsto sono rari e spesso sanzionati socialmente o legalmente. Il Collegio Elettorale è composto da 538 membri che rappresentano le varie componenti della società e delle istituzioni americane:
435 membri della Camera dei Rappresentanti.
100 senatori (2 per ogni stato).
3 elettori per il Distretto di Columbia (Washington D.C.), in base al 23° emendamento alla Costituzione.
Più la distribuzione dei grandi elettori a loro volta eletti nei vari stati. Questi hanno, ognuno, un numero di grandi elettori pari alla somma dei suoi rappresentanti alla Camera e dei due senatori. Ad esempio:
La California, lo stato più popoloso, ha 55 elettori.
Gli stati meno popolosi, come il Wyoming, hanno 3 elettori.
Nella maggior parte degli stati, il candidato che ottiene la maggioranza dei voti popolari prende tutti gli elettori dello stato. Questo sistema è noto come “winner-takes-all”. Solo due stati, il Maine e il Nebraska, utilizzano un metodo diverso, dividendo gli elettori in base ai voti ottenuti nei singoli distretti congressuali. Per diventare presidente, un candidato deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti elettorali, ovvero almeno 270 su 538. Se nessun candidato raggiunge questa soglia, la decisione passa alla Camera dei Rappresentanti, che elegge il presidente, con ogni stato che esprime un voto.
Le elezioni si svolgono il martedì dopo il primo lunedì di novembre, ogni quattro anni, mentre il voto del Collegio Elettorale si tiene a dicembre, quando gli elettori si riuniscono nei rispettivi stati per votare formalmente. I voti del Collegio vengono contati ufficialmente al Congresso il 6 gennaio successivo, solo allora verrà proclamato ufficialmente il vincitore. Fino a quella data rimane in carica il presidente uscente.
Si è spesso dibattuto sulla validità del sistema del Collegio Elettorale. Una delle critiche principali è che non sempre riflette il voto popolare. un candidato, infatti, può vincere la presidenza anche senza ottenere la maggioranza dei voti popolari, come accaduto in alcune elezioni recenti (ad esempio, nel 2000 e nel 2016). Questo sistema, seppur complesso, mira a bilanciare gli interessi degli stati grandi e piccoli, mantenendo un equilibrio tra rappresentanza statale e nazionale.
Come si vede la strada verso la proclamazione ufficiale sarà lunga e non priva di possibili colpi di scena. Ci sono stati, infatti, diversi casi in cui alcuni grandi elettori hanno votato diversamente da quanto era previsto, questi elettori sono noti come “elettori infedeli”. Anche se sono rari, ci sono stati alcuni episodi storici significativi come nelle lezioni del 2016, uno dei casi recenti più noti. Durante l’elezione presidenziale del 2016, sette grandi elettori hanno votato diversamente rispetto al mandato ricevuto dagli elettori del proprio stato. Cinque di questi hanno cambiato il loro voto per Hillary Clinton, mentre due hanno modificato il voto per Donald Trump. Questi voti sono stati espressioni di protesta o scelte simboliche, anche se non hanno influenzato il risultato finale.
Si registrano altri casi di elettori infedeli in elezioni passate. Ad esempio, nel 1976 un grande elettore repubblicano votò per Ronald Reagan anziché per Gerald Ford, e nel 2000 un elettore del Distretto di Columbia si astenne per protestare contro la mancanza di rappresentanza congressuale per il distretto. Questi casi di “elettori infedeli” sono generalmente rari e non hanno mai cambiato, però, il risultato finale di un’elezione presidenziale.
Detto questo, siamo ormai a poche ore dall’apertura dei seggi, mettetevi comodi in poltrona, il grande show sta per cominciare.
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