Ambiente

Il 2024 sarà l’anno più caldo di sempre. E il Mediterraneo è troppo caldo: “Alto rischio di eventi estremi”

È ormai praticamente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. E caratterizzato da una media costante di 1,5 gradi in più rispetto ai livelli pre-industriali. Un record, insomma, che da qui alla fine dell’anno potrebbe anche diventare di 1,55 gradi. A dirlo sono gli esperti di Copernicus, il Servizio per il Cambiamento Climatico di Copernicus (Copernicus Climate Change Service – C3S).

Il vicedirettore di Copernicus, Samantha Burgess, ha dichiarato che questo “segna una nuova pietra miliare nei record di temperatura globale e dovrebbe fungere da catalizzatore per aumentare l’ambizione per la prossima Conferenza sui cambiamenti climatici, COP29″. Proprio l’aumento della temperatura media globale oltre 1,5 gradi, infatti, era il ‘paletto’ fissato dall’accordo sul clima di Parigi del 2015, che mirava a limitare il riscaldamento ben al di sotto dei 2°C e a proseguire gli sforzi per mantenerlo perlomeno al di sotto di 1,5°C. Di fatto, il rischio di eventi catastrofici provocati dai cambiamenti climatici (siccità, ondate di calore o piogge torrenziali) ci sarebbe se le temperature medie globali dovranno essere superiori a 1,5°C per 20-30 anni. Ma il mondo, secondo gli esperti, è sulla buona strada per andare incontro a questo scenario.

Copernicus sottolinea che le precipitazioni sono state superiori alla media nel mese di ottobre in Spagna (con l’alluvione record che ha colpito Valencia), ma anche in Francia, nel nord Italia e in Norvegia. Gli scienziati concordano sul fatto che, nella maggior parte del pianeta, le precipitazioni estreme stanno diventando più frequenti e intense a causa dei cambiamenti climatici. E osservano che, se le politiche attuali saranno mantenute, il pianeta si sta dirigendo verso un riscaldamento “catastrofico” di 3,1° C in questo secolo, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP).

I DATI DEL 2024

L’anomalia media della temperatura globale per i primi 10 mesi del 2024 (da gennaio a ottobre) è di 0.71°C al di sopra della media tra il 1991 e il 2020, la più alta mai registrata per questo periodo e 0.16°C più calda rispetto allo stesso periodo del 2023. È dunque ormai praticamente certo che il 2024 sarà l’anno più caldo mai registrato. L’anomalia della temperatura media per il resto del 2024 dovrebbe scendere quasi a zero perché il 2024 non sia l’anno più caldo.

La temperatura media globale degli ultimi 12 mesi (novembre 2023-ottobre 2024) è stata di 0.74°C al di sopra della media tra il 1991 e il 2020 e di 1.62°C al di sopra della media preindustriale compresa tra il 1850 e il 1900.

SOLO OTTOBRE 2023 PIÙ CALDO DI OTTOBRE 2024: 15,25 GRADI DI MEDIA

Ottobre 2024 è stato il secondo più caldo a livello globale, dopo il mese di ottobre 2023, con una temperatura media dell’aria superficiale di 15.25°C, 0.80°C al di sopra della media del periodo 1991-2020 per ottobre. Il mese di ottobre 2024 è stato di 1.65°C al di sopra del livello pre-industriale ed è stato il 15° mese in un periodo di 16 mesi in cui la temperatura media globale dell’aria superficiale ha superato di 1.5°C i livelli pre-industriali.

L’ALLARME PER IL MEDITERRANEO

Gli scienziati concordano sulla situazione di allarme, ma purtroppo “le opinioni pubbliche sono distratte”: per Anbi (l’associazione nazionale dei Consorzi di bonifica) le attuali condizioni climatiche del mar Mediterraneo sono ideali per fenomeni meteorologici di estrema violenza su tutta l’Europa, ma principalmente sui Paesi nel Sud del continente, come l’Italia. E sarebbe ora che si ci preoccupasse per questo. Le temperature registrate sono di 23 gradi per Ionio e basso Adriatico e addirittura di 25 gradi lungo le coste dell’Africa Settentrionale e del Medio Oriente.

Anche la temperatura dell’aria, a livello globale, è tornata a registrare anomalie in crescita, e oggi arriva la notizia del 2024 che sarà l’anno più caldo della storia. “Torniamo a ripeterlo: in attesa di politiche planetarie per la mitigazione servono urgenti politiche di adattamento, capaci di contenere i rischi per la popolazione. Quanto accaduto in Spagna può ripetersi anche da noi e bisogna esserne coscienti”, afferma Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (Anbi).

Alla politica, ad ogni livello, chiediamo consapevolezza che investire in prevenzione idrogeologica è un’ineludibile condizione di sviluppo. Insieme ai finanziamenti per infrastrutture capaci di rispondere alla situazione climatica, che si sta consolidando, serve una campagna di prevenzione civile perché, di fronte all’estremizzazione degli eventi atmosferici, è necessario che tutti assumano nuove consapevolezze anche nella vita quotidiana”, aggiunge Massimo Gargano, Direttore Generale di Anbi.

Anbi passa poi in rassegna la situazione dell’Italia, regione per regione. Per quanto concerne la situazione idro-climatica del nostro Paese, dopo gli eccezionali apporti pluviali del mese di ottobre, le riserve idriche dell’Italia Settentrionale e parzialmente di quella Centrale registrano un’ulteriore crescita dei volumi stoccati nei bacini, delle portate dei corsi d’acqua e della soggiacenza di acque sotterranee; al Sud, invece, l’estrema localizzazione e concentrazione di piogge anche molto violente non hanno consentito di contrastare il lunghissimo periodo di scarsità idrica. L’esempio arriva dalla Sicilia dove ad Ottobre, sulla provincia di Messina sono caduti mediamente 70 millimetri d’acqua con cumulate, che andavano dai mm.28 di Montalbano Elicona ai mm. 217 di Antillo fino ai mm.316,2 in 5 giorni su Fiumedinisi.

Nelle regioni meridionali le piogge autunnali non sono state finora sufficienti a colmare l’enorme deficit idrico, venutosi a creare in un anno di siccità. In Puglia, nei bacini della Capitanata, manca l’89% d’acqua e resta solamente un volume pari 36,76 milioni di metri cubi (lo scorso anno, l’agricoltura del Tavoliere disponeva del triplo dell’acqua). In Basilicata, l’acqua presente nei serbatoi è solo il 15% di quella invasabile; a seguito di un’ulteriore riduzione di oltre 5 milioni di metri cubi il gap con il 2023 è salito a quasi mln. mc. 150.

In Calabria crescono i livelli del fiume Coscile, mentre si riducono quelli del Lao; le portate dell’Ancinale sono quasi azzerate dopo che, nelle settimane scorse, i flussi di questa fiumara si erano rivitalizzati. grazie agli abbondanti apporti pluviali, che avevano interessato il Catanzarese. Se in Campania le portate dei fiumi (Sele, Volturno, Garigliano) sono in crescita, in Sardegna gli invasi sono complessivamente al 39,76% di riempimento: il lago di Maccheronis (Sardegna Nord-Orientale) trattiene 570.000 metri cubi su oltre 22 milioni invasabili (2,48%), mentre i bacini dell’Alto Cixerri (Sardegna Sud-Occidentale) contengono solamente il 6,49% dell’acqua invasabile (mln. mc.1,42 su mln. mc.18,80).

Nel Lazio il livello del lago di Bracciano, grazie agli apporti meteorici della seconda metà di ottobre, cresce di 6 centimetri, mentre il piccolo bacino di Nemi mostra endemiche difficoltà a trattenere l’acqua invasata nei periodi piovosi, abbassandosi di 2 centimetri dopo solo pochi giorni di sole e bel tempo. Tornano a ridursi le portate dei fiumi con il Tevere, che ridiscende al di sotto dei flussi tipici del periodo, così come l’Aniene ed il Velino. In Umbria è negativo il “trend” della portata nei fiumi Chiascio, Topino e Paglia. Invariata è la deficitaria altezza idrometrica del lago Trasimeno, nonostante le precipitazioni ottobrine (mm. 180 ca.), ben superiori alle medie degli anni più recenti.

Nelle Marche, le altezze dei fiumi Potenza, Esino, Tronto, Nera e Sentino tornano ai livelli più bassi del quinquennio.

In Toscana, tutti i fiumi registrano portate in calo ed inferiori alle medie mensili. Anche in Liguria, netta riduzione dei flussi nei bacini fluviali, che nelle settimane scorse avevano creato danni e destato preoccupazioni; torna sotto media il fiume Magra.

Netto ridimensionamento pure nelle portate dei fiumi appenninici dell’ Emilia-Romagna, dove solamente la Secchia continua a registrare flussi superiori alla norma (+16%). I bacini piacentini, avendo nei giorni scorsi assolto alla fondamentale funzione di mitigazione delle piene, trattengono ora oltre 10 milioni di metri cubi d’acqua, cioè un quantitativo ben superiore a quello tipico del periodo (quasi mai superiore a mln. mc. 3).

Con il defluire della piena, le portate del fiume Po, pur mantenendosi sopra media, risultano però meno minacciose: a Pontelagoscuro, alle porte del delta, si registra +68% circa rispetto al consueto, mentre a monte, nell’Alessandrino interessato nelle scorse settimane da nubifragi, il flusso del Grande Fiume si riduce del 76% in 7 giorni, rimanendo tuttavia del 31% superiore alla media del periodo.

In Piemonte, il flusso medio nel fiume Tanaro, che la settimana scorsa era di 1404 metri cubi al secondo, è sceso a mc/s 172 (-32% sulla media); la Stura di Lanzo, con una riduzione di portata di quasi 100 metri cubi al secondo, registra ora un flusso pari all’80% della media mensile. Nella regione il mese di ottobre è stato caldo (+1,6°) e molto umido con un surplus pluviometrico del 153%, ma che raggiunge addirittura +200% sui bacini di Cervo, Bormida, Orba, Pellice, Stura di Lanzo, Orco, Residuo Po-confluenza Dora Baltea (fonte: ARPA Piemonte).

Nel Nord Italia, la tregua dal maltempo ha ridimensionato le ingenti portate nei corsi d’acqua e permesso ai “grandi laghi” di stabilizzarsi su livelli più rassicuranti: tra i grandi laghi, il livello del Maggiore scende di mezzo metro in 7 giorni, attestandosi comunque su un volume di riempimento superiore al 100%; il lago d Como è al 53,5%, quello di Garda al 78,6% ed il Sebino al 79,3%.

In Valle d’Aosta si riducono le portate della Dora Baltea e del torrente Lys. In Lombardia, il totale delle riserve idriche ha raggiunto i 2 miliardi e 60 milioni di metri cubi, una quantità superiore di circa il 39% a quello tipico del periodo.

Un abbassamento generalizzato dei livelli idrometrici lo si registra anche in Veneto: in alcuni casi le portate attuali sono inferiori a quelle medie del periodo (Muson dei Sassi -31%, Bacchiglione -19,4%).

 Marcella Piretti (Dire)
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